
lug 18 2015
La fratellanza nella diversità: le celebrazioni di fine Ramadan a Palermo
«Eid Mubarak». È l’augurio che chiude il mese del Ramadan. Eid El-Fitr, l’Eid piccolo, la festa che segna la fine del mese più sacro del calendario islamico, rappresenta la seconda celebrazione più importante per i musulmani di tutto il mondo. Vivere in un paese straniero significa stare in un posto che non ha atmosfera di festa quando, invece, per te lo è, significa trovare dei luoghi di condivisione in cui poter celebrare quella che per te è un ricorrenza importate e ricreare i sapori gli odori e le atmosfere di casa. La fratellanza nella differenza, uniti ma diversi, il Ramadan ogni anno unisce nella preghiera, nel digiuno, nella meditazione e nell’autodisciplina, i musulmani di tutto il mondo. A Palermo è presente una consistente comunità musulmana, di cui si contano provenienze soprattutto da Marocco, Tunisia, Egitto, Senegal, Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Mali, Ghana. E se l’osservanza dei principi è uguale per tutti, ogni comunità festeggia a modo proprio. In 3.000 si sono recati al Foro Italico per la preghiera che chiude il Ramadan. Gli uomini in thawb, la tipica tunica candida, inginocchiati sulle stole. Dalla strada sembrano un mare bianco che precede quello azzurro. Alla preghiera hanno partecipato anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, l’assessore comunale alla partecipazione, Giusto Catania, e il presidente della consulta delle culture, Adham Darwasha. Ma la festa grande è la sera quando i musulmani si incontrano con amici e parenti per condividere insieme la fine del Ramadan e l’inizio dello Shawwal, il decimo mese del calendario lunare islamico. Ci si incontra per recitare insieme i Tarawih, la preghiera che i musulmani recitano un’ora e mezza dopo il tramonto e poco prima dell’alba durante tutto il mese del Ramadan. Poi si condivide l’iftar, il pasto serale, fatto dai piatti tipici della propria regione.
Per celebrare l’Eid El-Fitr, i bengalesi invitano a casa propria amici e parenti. Per le donne è l’occasione di sfoggiare vestiti nuovi e coloratissimi, le mani decorate di henné rosso che fa risaltare l’oro di tutti bracciali che portano sulle braccia; sugli occhi ombretti colorati e eyeliner che esalta la forma allungata dell’occhio. Per ricreare le atmosfere di casa si cucinano piatti tipici bengalesi come il Panta Ilish, a base di riso e pesce. Dopo cena si intonano i canti islamici.
Anche i tunisini condividono la festa di fine Ramadan con amici, parenti e vicini più stretti, non solo tunisini ma anche palermitani. Per l’occasione si prepara il kosksi bel 3osban, il tipico cous-cous tunisino che in occasione dell’Eid si prepara solo con l’agnello. Insieme agli amici si mangiano i maqroud, tipici dolci tunisini originari della zona di Kerouan e i datteri, sempre in numero dispari, come faceva il profeta Maometto.
La comunità Maliana di Palermo, invece, si è riunita a casa dell’esponente più anziano per pregare insieme e condividere l’iftar.
Molti altri musulmani a Palermo non sono riusciti a trovare un luogo per poter festeggiare insieme l’Eid El-Fitr. La mancanza di spazi comuni dove organizzare le principali celebrazioni della propria cultura è un fatto comune a molte comunità di immigrati in città. Accogliere, integrare, significa anche creare degli spazi di riunione, condivisione e scambio interculturale. Sono proprio le occasioni delle celebrazioni di una cultura che non è la nostra che ci suggeriscono quanta strada e quanto lavoro c’è da fare ancora in questo senso.
By g.manzella • News •

lug 9 2015
Una LIM per il Centro Astalli. Il dono del Corpo Consolare di Palermo
È stata inaugurata questa mattina al Centro Astalli Palermo la nuova LIM (lavagna interattiva multimediale) donata dal Corpo Consolare al centro di accoglienza per immigrati. «Fino a qualche giorno fa avere uno strumento del genere era solo un sogno – ha detto il presidente del Centro Astalli Palermo Alfonso Cinquemani – Grazie al gesto dei consoli è diventato una realtà concreta che ci permetterà di svolgere diverse attività di formazione e socializzazione sia per i nostri utenti, rifugiati e richiedenti asilo, che per gli studenti delle scuole che vengono a trovarci». Si tratta di uno strumento che unisce la tradizionale lavagna, a tutti familiare, alle nuove tecniche di insegnamento e apprendimento attraverso l’utilizzo di materiale multimediale che hanno la capacità di rendere più attraente e dinamico il lavoro in aula.
All’inaugurazione hanno partecipato una rappresentanza del Corpo Consolare di Palermo, il sindaco Leoluca Orlando, il presidente della Consulta delle Culture Adham Darawsha e due rappresentati della “Siculiana” Servizi per la Scuola, fornitori e promotori di corsi di formazione sull’utilizzo della LIM. L’evento di questa mattina è stato anche un’occasione di confronto su temi importanti come accoglienza, integrazione, le stragi nel Mediterraneo, il permesso di soggiorno fino alla Carta di Palermo. «Fra qualche anno saremo ricordati per avere causato il genocidio nel Mediterraneo – ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando – la Carta di Palermo e l’accoglienza che fa questa città sono tentativi di porre fine a tutto questo. La mia presenza qui oggi è un doppio segnale di apprezzamento, sia per il gesto del Corpo Consolare, sia per l’attività che quotidianamente il Centro Astalli svolge con i migranti». «Ho apprezzato molto il gesto dei consoli perché è stato un gesto spontaneo, senza un obbligo imposto – ha affermato Adham Darawsha presidente della Consulta delle Culture – occasioni di confronto come quella di oggi rappresentano un canale di dialogo con le istituzioni di cui la Consulta delle Culture si è sempre fatta promotrice. Interazioni come questa sono molto importanti perché, ad esempio, dall’interazione con il Comune, sono nate tante importanti iniziative, tra cui la Carta di Palermo, con cui si cerca di porre fine alla violenza del permesso di soggiorno e si potrà affermare, un giorno, che questa città ha fatto di tutto per porre fine alle stragi nel Mediterraneo».
Una tecnologia, quella della LIM, che unisce tradizione e innovazione, informazione e condivisione e che può fornire nuovi spunti di riflessione sul lavoro ancora da svolgere sui temi di formazione, integrazione e creazione di capacità nel percorso verso l’autonomia.
By g.manzella • News •

lug 6 2015
Il Carnevale ivoriano a Palermo: i colori della tradizione e dell’integrazione
Dalla Costa D’Avorio a Palermo, il carnevale Baoulé ha riempito di colori, musica e gioia i cantieri culturali della Zisa. Donne, uomini e bambini vestiti con i costumi tradizionali, per celebrare una festa che arriva da lontano e che narra la storia di un popolo. «In Costa d’Avorio i festeggiamenti durano una settimana. Qui non abbiamo tutto questo tempo per festeggiare ma abbiamo provato, in una giornata, a raccontarvi cosa è per noi questa importante festa» ha spiegato il rappresentate della comunità Baoulé. Secondo la tradizione orale i Baoulé erano originariamente dei profughi dal Ghana che raggiunsero la Costa D’Avorio nel XVII secolo. Oggi rappresentano il 23% della popolazione ivoriana (circa 3.000.000 di persone). L’evento è stato organizzato dalla comunità Baoulé in collaborazione con l’UN.I.S. (Union des Ivoriens en Sicile) e il consolato ivoriano. Per l’occasione sono stati invitati tutti i rappresentanti dei vari gruppi etnici ivoriani e soprattutto i primi migranti arrivati in Italia negli anni Novanta. «Questa è una grande festa multietnica – ci racconta il presidente dell’UN.I.S. Lucien Aka Kouamé – abbiamo scelto di avere due presentatori, uno italiano e uno ivoriano e poi di ospitare musicisti palermitani. Insieme suoniamo musiche tradizionali ivoriane e musiche tradizionali italiane. Questo è il nostro modo di rappresentare la nostra integrazione. L’Italia è la terra che ci ha accolti». I festeggiamenti sono stati aperti con la musica tradizionale Baoulé suonata però da un gruppo di musicisti palermitani. La musica ha annunciato l’uscita della regina, accompagnata da un corteo di danzatori e da spettacoli di fuoco. I corpi, avvolti nei coloratissimi kità[1], si muovevano a ritmo delle percussioni, e in sottofondo l’urlo, che sembrava quello di battaglia, delle donne dal pubblico. Gli ivoriani regalano così a Palermo un pezzo importante della loro esistenza. E alla fine della festa Mel, un ragazzo ivoriano, ci dice «Grazie per essere venuti, per avere sposato la nostra causa, per avere condiviso la nostra tradizione, per aver portato altra gente con voi e avere fatto conoscere un pezzo della nostra cultura».
[1] Vestito tradizionale realizzato a telaio con omonimo tessuto tipicamente ivoriano
By g.manzella • Eventi •

lug 1 2015
I’m sorry

I’m sorry. Prima di vederlo riconosciamo la sua voce, cavernosa come quella di Mario Biondi. I’m sorry. E sappiamo che è lui.
I’m sorry, ormai tutti lo chiamiamo così. Viene dal Senegal, ride sempre, ma a volte si arrabbia spaventosamente. I’m sorry. E’ il suo intercalare continuo, che scandisce ogni frase. Probabilmente dà il tempo alla sua vita. Parla benissimo in italiano, con proprietà di linguaggio. E ironia. I’m sorry. Dice di conoscere sette lingue, ed è vero; parla con chiunque entri e tutti lo comprendono. I’m sorry. Era, anzi è, un ingegnere informatico. Almeno così dice, e deve essere vero. I’m sorry. E’ musulmano e ha sempre una frase del Corano per ogni situazione. I’m sorry. Quando arriva mette il buonumore con le sue performance: canta, si muove ballando e ci prende in giro. E svela profonde verità. I’m sorry. Molti dicono che prima non era così, almeno prima dell’incidente. Racconta di essere rimasto due settimane in coma. I’m sorry. E’ un rifugiato. Ha un impermeabile chiaro, due paia di pantaloni uno sull’altro. E infradito. I’m sorry. Viene a chiedere sempre spazzolino e dentifricio. E scarpe. I’m sorry. Ne ha prese un paio venerdì. Oggi ha di nuovo le infradito. I’m sorry. Arriva quando è chiuso e vuole fare la doccia, e ancora scarpe. Gli chiediamo come mai, se le ha avute due giorni addietro. I’m sorry. Ride. Canta. Ha una voce melodiosa. E accenna un passo di danza. I’m sorry: vivo per strada, me le rubano. E ride. Ma non di un riso stupido. Mamma, ti posso chiamare mamma? O preferisci cognata. Tuo marito è musulmano. I’m sorry. Pronucia in arabo una sura del Corano e me la traduce: Dio ha detto che sono tutti fratelli coloro che credono nello stesso Dio. Hai del latte? Oggi non ho mangiato. Gli do della rosticceria senza prosciutto che avevo portato per loro. Mi chiede venti centesimi per comprare l’acqua. I’m sorry. Non possiamo dare denaro. Prendo una bottiglia dalla cucina. Mi guarda e ride: fuori fa freddo e anche l’acqua è fredda, di certo non mi scalda.I’m sorry, devo uscire. Non riesco a trattenere le lacrime. Mi chiedo quanto realmente sia fuori di testa e quanto si prenda e ci prenda in giro per non impazzire davvero. I’m sorry Abdul Fateh. Te lo dico a nome di tutti quelli che ti hanno fatto del male.
By g.manzella • Storie migranti •

giu 21 2015
Il rapporto annuale dell’UNHCR: sono quasi 60 milioni le persone in fuga
Cresce rapidamente il numero complessivo dei migranti forzati nel mondo. Il nuovo rapporto annuale dell’UNHCR Global Trends riporta una forte escalation del numero di persone costrette a fuggire dalle loro case, con 59,5 milioni di migranti forzati alla fine del 2014. L’incremento rispetto al 2013 è stato il più alto mai registrato in un solo anno.
Negli ultimi cinque anni, sono scoppiati o si sono riattivati almeno 15 conflitti: otto in Africa (Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, nord-est della Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e quest’anno Burundi); tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e Yemen); uno in Europa (Ucraina) e tre in Asia (Kirghizistan, e diverse aree del Myanmar e del Pakistan). Solo poche di queste crisi possono dirsi risolte e la maggior parte di esse continuano a generare nuovi esodi forzati. Nel 2014 solamente 126.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nei loro paesi d’origine, il numero più basso in 31 anni. Nel frattempo, durano da decenni le condizioni di instabilità e conflitto in Afghanistan, Somalia e in altri paesi, e ciò implica che milioni di persone provenienti da questi luoghi continuano a spostarsi o – come si verifica sempre più spesso – rimangono confinate per anni nelle periferie della società, nella paralizzante incertezza di essere degli sfollati interni o dei rifugiati a lungo termine.
Tra le conseguenze più recenti e ben visibili dei conflitti in corso nel mondo e delle terribili sofferenze che provocano può essere indicata la drammatica crescita del numero di rifugiati che per cercare sicurezza intraprendono pericolosi viaggi in mare, nel Mediterraneo, nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso, oltre che nel sud est asiatico.
A livello globale la Siria è il paese da cui ha origine il maggior numero sia di sfollati interni (7,6 milioni) che di rifugiati (3.880.000 alla fine del 2014). L’Afghanistan (2.590.000) e la Somalia (1,1 milioni) si classificano al secondo e al terzo posto.
Anche nel contesto di una forte crescita nel numero di migranti forzati, la distribuzione globale dei rifugiati resta fortemente sbilanciata verso le nazioni meno ricche, mentre le più ricche risultano interessate in misura inferiore.Quasi 9 rifugiati su 10 (86 per cento) si trovavano in regioni e paesi considerati economicamente meno sviluppati.
By g.manzella • News •
lug 25 2015
La fuga e poi il lavoro “Così è cominciata la nostra nuova vita”
Ci sono migranti che con un permesso di soggiorno in tasca sono riusciti a cambiare la loro vita. Sono arrivati in città dopo un viaggio di fortuna nel Mediterraneo e adesso con un lavoro possono davvero guardare avanti. Come Fatima, marocchina di 30 anni, due figli, ospite al centro Astalli che fa parte della rete Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati di Palermo.
Dopo un tirocinio di quattro mesi ha firmato un contratto come addetta alle pulizie con un hotel del centro città. Tutto grazie al progetto delle borse-lavoro del centro Astalli che ha già dato un’occupazione a una decina di giovani rifugiati. «Ci sono dei fondi destinati a questa finalità — dice Alfonso Cinquemani, presidente dell’Astalli — cerchiamo di attivare più borse possibili per dare a tutti un’opportunità». E i migranti sono davvero entusiasti.
«Sono davvero felice — dice la ragazza marocchina — Mi sembra di voltare pagina. Per quelli come me che hanno dovuto lottare anche per ottenere i documenti, trovare un lavoro dignitoso è una vera fortuna».
Come Fatima c’è anche Dumal, 26 anni del Senegal. Anche lui ha firmato un contratto, questa volta con una delle sedi romane del Burger King. È scappato dal suo Paese d’origine e ha perso i contatti con la sua famiglia. La sua vita adesso è in Italia.
C’è un altro ragazzo del Gambia che ha appena concluso il tirocinio al supermercato Marotta di corso Tukory. Il progetto delle borse-lavoro del centro Astalli andrà avanti per tutta l’estate. Basta essere in possesso del permesso di soggiorno. Sette sono già state attivate con grande successo e altre partiranno nei prossimi giorni. «Abbiamo pianificato un percorso ad hoc per i nostri ospiti — dice Rosalia Lanza, del centro Astalli — Devo dire che da parte loro c’è stata grande motivazione. L’obiettivo è renderli autonomi una volta ottenuto il permesso di soggiorno, in modo da potersi affrancare dal centro con un’indipendenza economica».
c.b.
da: palermo.repubblica.it
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