Storie Migranti: «Sono nato in Italia ma per l’Italia non esisto»

 

«Sono nato a Napoli. L’anno scorso sono partito in per l’Italia dalla Tunisia, convinto che questo paese poteva essere casa mia, la casa che mi aveva dato la vita. Al mio arrivo ho avuto un’amara sorpresa. Per lo stato italiano non esito. Mia madre non mi ha mai registrato all’anagrafe e mi ha portato via troppo presto da questo paese per poter reclamare qualsiasi tipo di diritto. Sono andato a Palermo dove avevo trovato un contatto per il lavoro nelle campagne, che però si è rivelato una fregatura. Nessuno si è presentato all’appuntamento e io sono rimasto solo, senza soldi, in una città dove non conoscevo nessuno. Dormivo per strada, non avevo un posto dove andare, non capivo la lingua e avevo sempre la sensazione di essere preso in giro, fregato. La gente mi allontanava, non so se perché ero sporco o straniero. Forse entrambi. Per strada ho conosciuto dei miei paesani. Mi hanno indicato un posto, dentro Ballarò dove ogni tanto provavo a raccattare qualche lavoretto, magari con i fruttivendoli, o nei mercatini “dell’usato” per così dire. Un posto dove si può fare la doccia, dove si può mangiare un pasto caldo la mattina, dove posso imparare italiano, dove mi aiutano a cercare un lavoro, dove mi danno vestiti, dove posso essere visitato da un medico, dove posso chiedere la consulenza di un avvocato. Tutto questo GRATIS!!! Non ci potevo credere, mi sembrava un’altra fregatura….ma le notti al freddo, il bisogno di cibo e di un posto dove far trascorrere le giornate mi serviva. Così sono andato. Mi hanno accolto due volontarie forse tra le prime persone a Palermo che invece di allontanarmi mi invitavano ad avvicinarmi. E parlavano anche in tunisino!! «Salem M., Lebès?» era buffo sentirle parlare la mia lingua, ma mi ha dato subito una sensazione di calore che non provavo da tanto. Ho poi incontrato il mio tutor, la signora Livia, che è diventata il mio punto di riferimento per qualsiasi problema. Ho ricevuto tanto aiuto e tanto conforto. Mi hanno dato la mia tessera, ho chiesto se potevo usare il bagno per mettere un po’ di gel nei capelli e finalmente assumere un aspetto più simile al ragazzo che aveva lasciato la Tunisia qualche mese prima. Sono andato via, ancora incredulo che un posto, come il centro Astalli, potesse esistere.

Sono tornato l’indomani mattina, verso l’ora di chiusura. Non ero riuscito a svegliarmi quella mattina e avevo perso l’occasione di fare un pasto caldo. In quel momento ho visto più miseria umana di quanto un uomo dovrebbe vederne in tutta la sua vita. Un gruppo di eritrei, sbarcati da solo qualche giorno dopo più di un anno di viaggio erano nella sala d’attesa del centro, stremati sui divani, con vestiti di fortuna. C’era un via vai frenetico dall’accoglienza alla cucina per dare da mangiare a quelle persone. Io ero ancora impietrito da tutta quella miseria quando una delle volontarie del giorno prima mi ha riconosciuto, mi ha salutato e mi ha detto: «M. oggi non ti ho visto a colazione». Nel mio italiano stentato ho provato a dirle che non ero riuscito a svegliarmi in tempo. E lei aveva capito. Così ha preso del cibo e ha fatto uno di quei pacchetti pranzo, destinati ai ragazzi eritrei, anche per me. Me lo ha portato e con uno sguardo di intesa me lo ha consegnato.

Erano le due, ben oltre l’orario di chiusura, la sala era in disordine dopo i panini mangiati in quella piccola sala con i divani. Le volontarie erano stremate così ho tolto loro di mano la scopa e ho pulito io la stanza. Era il minimo che potessi fare. Così ancora adesso, quando c’è bisogno, cerco di dare una mano ai volontari. La sera faccio il giro di bar e dei panifici, raccolgo l’invenduto e lo porto al centro perché possano servirlo agli utenti per la colazione. Alcuni dei volontari sono anche diventati miei amici. Ogni tanto andiamo a bere una birra insieme oppure partecipo con loro alle manifestazioni in favore dei migranti.

Purtroppo non sono riuscito a trovare lavoro qui a Palermo e ho dei progetti da realizzare. Presto partirò per il Nord Europa, ma mi dispiace lasciare quella che, per un po’, è stata la mia famiglia. Qui al centro Astalli lascio un pezzo di cuore»