«Stop bombing Syria»: l’appello di un giovane profugo ai leaders Europei

 

Qualche giorno fa, Jessica Verdelli dell’organizzazione “HR2O – Human Rights and Environment” , ha ricevuto questa lettera da un campo profughi in Geramania. L’abbiamo tradotta per voi e ve la presentiamo qui di seguito.

 

«Cara Jessica,

ti scrivo questa lettera da un campo profughi in Germania. Tutti i siriani qui sono molto grati per l’accoglienza che le persone ci hanno dato ma noi vogliamo vivere in Siria, non in Germania.

Avevo 22 anni quando sono iniziati gli scontri nel 2011. Vivevo in una zona chiamata Ghouta, a pochi chilometri da Damasco. Un anno dopo, l’ascesa del regime di Bashar Al-Assad mise sotto assedio Ghouta – ciò significa che nulla poteva più entrare e nulla poteva più uscire – niente cibo, niente medicine, niente. Un anno dopo questo regime ci attaccò con le armi chimiche e migliaia di persone sono state uccise dai gas tossici. Per anni i velivoli del regime hanno gettato su di noi anche barrel boms[1] e missili. Di norma venivamo colpiti otto volte al giorno. Come avremmo potuto sopravvivere a quell’inferno sulla terra?

Ho dovuto attraversare venti checkpoints con documenti falsi per uscire dalla Siria. Ogni volta il tuo cuore si ferma perché sai che c’è la possibilità che tu venga arrestato e portato via. Me la sono cavata e sono sopravvissuto al barcone della morte. Sono sopravvissuto a così tanti modi per cui un essere umano potrebbe essere ucciso.

A casa ero uno studente di medicina. Abbiamo subito tanti attacchi ed ho assistito a così tanti interventi che un normale chirurgo esegue nel corso di un’intera carriera, fino alla pensione. Il mio sogno è quello di fare solo “interventi normali”, quelli per cui sono stato formato, non togliere frammenti di bomba dai corpi dei bambini.

Non possiamo tornare a casa finché c’è la guerra ed ecco perché vi chiediamo di fare tutto ciò che potete per fermare la guerra. Tutti i vostri governi sono d’accordo sulla necessità che in Siria ci sia un governo di transizione, ma non bastano le parole per rendere questo possibile. Il regime di Assad è ancora al potere e uccide sette volte più civili di quanto non faccia l’ISIS.

I leaders di tutto il mondo devono agire per fermare i bombardamenti. Possiamo sopravvivere al fuoco dei cecchini, alle armi chimiche, ma non alle barrel bombs. Una “no-flying zone” o la creazione di una zona sicura salverebbero vite istantaneamente. Ed io sarei il primo a tornare a casa.

Adesso tutti in Europa parlano di noi profughi, ma non sono in molti quelli che si ascoltano. Per favore, firmate questa petizione per chiedere ai leaders d’Europa di fare di più per fermare i bombardamenti ed aiutarci a tornare a casa.

Abo Adnan»

 

Cliccando qui potrete trovare la lettera originale di Abo Adnan in inglese e il form per firmare la petizione.

Restiamo Umani.

 

 

 

 

[1] Bombe barili: si tratta di contenitori di metallo, spesso quelli usati per il trasporto del petrolio, imbottiti di esplosivo (ndr)